Sono tornato dal mio viaggio a New York. Stremato dal tanto camminare a piedi, infreddolito dal vento gelido che ha spazzato la città per giorni, intossicato dai troppi hamburger e hotdogs. Un pò intimorito da una città, che viaggia ad un ritmo frenetico. Dove la gente corre dall’alba a notte inoltrata, che non si ferma mai. Dove tutto è business. Qualsiasi cosa deve rendere, fare utile. Una città che ti fa sentire inadeguato, stanco, non sufficientemente allenato per tenere il ritmo.
Ho visto tante cose. Manhattan, Time Square, Wall Street, l’Empire State Building, il Metropolitan Museum, il Moma museo di arte contemporanea, il museo del cinema, lo Zoo, Coney Island , Ground Zero, la statua della libertà, il ponte di Brooklyn, il Bronx, Queens, il Madison Square Garden.
Ho parlato con i tassisti, con l’impiegato del negozio, i camerieri, la gente che vive li. Li ho osservati durante le lunghe trasferte in metro. I loro visi stanchi. I più dormivano e all’inizio mi domandavo perchè. Dopo i primi due giorni dormivo anche io appena scovato un posto a sedere. E’ l’unico posto dove puoi stare seduto, al caldo ed è compreso nel prezzo! Infatti una delle caratteristiche di New York è che non esistono panchine. Ma nemmeno le sedie o poltroncine durante le riunioni, mi dicono voci autorevoli, per costringere la gente a non perdere tempo. Se non arrivi al dunque subito è peggio per te, che devi stare in piedi.
Però poi c’è l’altra New York. Di quelli che non ce la fanno, che sono rimasti indietro. Che non interessano più a nessuno. Distinti signori che chiedono 50 cents di elemosina da MacDonald per l’hamburger, la signora di colore che si prepara la toilette notturna sulla strada sotto gli scarichi della ventilazione di una banca, che almeno li c’è un pò di caldo. I ragazzini di colore che in metrò organizzano lo show di break dance e poi passano con il cappello. Una metropolitana che è gigantesca, 34 linee, sporca, senza indicazioni, inefficiente. A volte si ferma per interminabili mezze ore in galleria. Nessuno protesta. Tanto dormono.
La New York della pubblicità martellante. In tv, per strada, durante la partita, al museo, in metropolitana. Ogni occasione è buona per ricordarti che tutto è business. Un gigantesco schow. Un’enorme macchina da soldi. 1.000.000 di turisti al giorno.
La città che vive di “tips”, le mance, che devi assolutamente lasciare a camerieri, tassisti, portieri. Un contributo dovuto. Un’economia in nero che però è istituzionalizzata. Permette alla gente di campare con uno stato che ha dismesso oramai tutti i servizi pubblici.
E i medici? I dentisti, la sanità in generale come funziona in un contesto del genere?
Esattamente come Starbucks, Nike Town, McDonald, Burger King, Gas, Tommy Hilfinger, Armani, City Bank, Chase Bank e tutto il resto del Luna Park!
Ovunque c’è la pubblicità di strutture sanitarie, di studi dentistici, signorine sorridenti che ti propongono servizi e prezzi. Questo a Manhattan.
Perchè poi parli con la gente comune, magari a Queens. Ci si rende conto di come sono diventati immuno-resistenti alla pubblicità. Ce l’hanno con il loro governo, conoscono grazie a internet la situazione politica italiana, sono ammirati di un personaggio come Grillo, di cui ricordano il nome, mentre di atri “personaggi politici” non sanno nulla. Sono terrorizzati dalla malattia perchè non hanno l’assistenza sanitaria gratuita. Ma non hanno nemmeno la pensione. E non si aspettano che qualcuno pensi alla loro vecchiaia. Ma preferiscono andare a curarsi i denti in una one-man practise. Vogliono che una persona, un medico, un dentista ci metta la faccia, si assuma la responsabilità del suo operato. Non vogliono più essere presi in giro. Si stanno svegliando dal lungo “sogno americano”, lentamente ma inesorabilmente, alla faccia di chi ha il potere vero. Di chi fa apposta a tenere le luci accese nei grattacieli di Manhattan la notte anche se sono vuoti o a millantare grandi scoperte scientifiche dichiarando billions of dollars di investimento sulla natura del cervello umano.
Gurdando loro, che sono più rapidi e pratici e quindi sono più avanti di noi nell’evoluzione, si possono portare a casa degli spunti di riflessione.
Certamente sceso dall’aereo a Milano hai la sensazione che qui tutto funzioni al rallentatore. A Milano. Figuriamoci a Montenero di Bisaccia (patria natia di noto ex-politico ed ex-magistrato).
Al ritmo di vita accelerato corrisponde anche una velocità di pensiero maggiore. Tutti i processi cerebrali sono più rapidi. E per chi ama la velocità effettivamente è un sollievo per l’anima.
Non ci vivrei per sempre a New York. Non ho più l’età. Ma una capatina ogni tanto vale la pena farla. Giusto per dare un pò di sprint ai neuroni e vedere in anticipo nel bene e nel male cosa ci riserva il futuro.
Massimo Mazza
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E’ una città sicuramente da visitare, conoscere e il tuo articolo è illuminante, ma è troppo frenetica, sono troppi i pensieri, è troppo poco il tempo per tutto, anche per dormire a NY. Li si corre per sopravvivere, ma è bene fermarsi a volte…
“stay hungry stay foolish” (cit.) questa e’ l’anima di NY!
adoro quella citta’ e tutti i suoi paradossi…
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