Quando mi sono laureato nel 1985, lavorare era semplice. I materiali a disposizione per otturare o ricoprire un dente erano codificati da anni. La resina composita per le otturazioni dei denti anteriori. L’amalgama d’argento (e mercurio), per le otturazioni dei denti masticanti. Le corone in metallo-ceramica o oro-resina per i restauri indiretti, quelli per intenderci, che vengono prodotti dall’odontotecnico.
Nonostante questi materiali fossero in uso da 50 anni, nessun progresso. I pazienti si lamentavano dell’estetica mediocre. Io non ero assolutamente soddisfatto.
A metà circa degli anni ’90 la merceologia di settore decide di investire. Compaiono così le prime proposte di materiali alternativi, privi del nobile metallo, l’oro.
Sono incredibilmente belli, non ci sono più bordini d’oro da nascondere sotto le gengive. In compenso sono tecnicamente molto più complessi da gestire sia in laboratorio che alla poltrona. E comunque c’è il sospetto che siano poco resistenti e anche poco adeguati alla funzione che devono svolgere: consentire un’occlusione stabile, evitando un’eccessiva abrasione delle superfici masticanti.
Il tempo passa e i pazienti premono. La domanda estetica cresce. Il dentista però necessita di qualcosa che sia affidabile nel tempo e consenta al paziente di ammortizzare i costi elevati.
L’ultima generazione, il disilicato di litio e la zirconia, vengono testati e immessi sul mercato alla fine degli anni ’90. Sono resistenti, affidabili e soprattutto consentono risultati estetici tali da diventare i “naturali” successori della mettallo-ceramica. Una rivoluzione copernicana: niente più fusione a “cera persa” (Benvenuto Cellini 1500), solo CAD-CAM, digitalizzazione e fresatrici a controllo numerico.
Le corone in metallo-ceramica (oro-ceramica) sono costituite da una “cappetta” d’oro sulla quale viene “cotta” la ceramica a strati.
L’infrastruttura di metallo resiste a forze masticatorie di 1400 MPa (mega pascal). La ceramica invece può rompersi a forze inferiori, soprattutto se la corona è mal progettata, le cuspidi di ceramica non sono ben sostenute, il dentista ha lasciato poco spazio di lavoro, le procedure di laboratorio non sono state ineccepibili. Il “chipping“, un pezzettino di ceramica che salta via all’improvviso.
Il disilicato di litio monolitico viene prodotto per fresatura di un blocchetto pre-fabbricato dell’industria o per presso-fusione nel laboratorio odontotecnico. Nonostante la letteratura scientifica dica che il disilicato presso-fuso in laboratorio sia leggermente più resistente, in realtà è facile intuire come una corona fabbricata per fresatura da un “monolite” di disilicato dell’industria, prodotto per sinterizzazione, sia molto più resistente. Trials clinici danno oramai per certa una sopravvivenza del 98% a 5 anni del manufatto, senza “chipping” o fratture. Personalmente in 8 anni ho contato le fratture sulle dita di una mano.
Il disilicato di litio pieno (E-Max) non stratificato con ceramica (il monolite), resiste a forze flettenti di 400 MPa.
Le corone in Zirconia piene (non stratificate con ceramica) hanno una resistenza che varia da 900 a 1300 MPa. Praticamente come il metallo.
A questo punto, dopo 15 anni di esperienza personale (ho iniziato nel 1998 con le corone in allumina sui molari), ho definitivamente spedito in “soffitta” l’oro-ceramica.
Il disilicato di litio stratificato
Nonostante la stratificazione (la ceramica “cotta” sulla cappetta come nel caso della corona in metallo-ceramica), penalizzi la resistenza alla rottura, l’effetto estetico è notevole. Il core può essere ridotto anche fino a 0,5 -0,3 mm di spessore (lavorazione al microscopio) come nel caso delle faccette estetiche. La ceramica verrà poi stratificata in micro-strati ottendo un gradiente (sfumature) di colore e translucenza idonei al settore anteriore.
Nei settori posteriori invece la zirconia “piena” opportunamente colorata per infiltrazione del colore, ha sostituito anche il disilicato, offrendo maggiore robustezza ed estetica sufficiente.
Caso clinico
Le foto (da 1 a 4) documentano la situazione clinica orale di una donna di 62 anni, con restauri in oro-ceramica inadeguati. Estetica del sorriso insoddisfacente. Vita di relazione: intensa.
La paziente presenta una malocclusione di I. Classe, con curve di Spee e Wilson compromesse, interferenze posteriori in lateralità destra e sinistra, patologia disfunzionale delle articolazioni tempo-mandibolari.
Viene effettuata una TAC Cone Beam per valutazione dei seni mascellari e delle ATM. Registrazione assiografica dei tragitti condilari. Esame clinico della mobilità articolare: la paziente risulta masticare in occlusione abituale, con parziale dislocazione dei condili in massima intercuspidazione. Si registra la relazione centrica con la metodica di Dawson.
Situazione parodontale: parodontite cronica in tutti i settori (gengive sanguinanti al sondaggio) con sondaggi di 9-11 mm a livello di 16 e 17 e forcazione di III. grado.
Il problema maggiore della paziente: la brutta corona sull’11. Forma, volume, colore sono incompatibili con i denti vicini. Un pugno in un occhio.
Il suo dentista di fiducia era a Washington. Per qualsiasi problema…si prendeva un aereo!
Ascoltando la paziente si percepiva il desiderio di avere un sorriso in stile Hollywood, con denti molto bianchi, un miglioramento della funzione e soprattutto eliminare i ponti. Vuole i denti singoli.
Piano di trattamento e cronologia delle priorità:
- recupero dell’11, con ritrattamento e provvisorio nuovo
- miglioramento della situazione parodontale
- estrazione di 16 e 17 e sostituzione con impianti
- eliminazione dei ponti inferiori
- innesto di osso autologo per 16-17-36-46
- miglioramento dell’area del sorriso
- stabilità occlusale
- stabilità condilare
- volume e dimensione verticale dei denti adeguata
- miglioramento di forma e colore dei denti
Tutto questo richiedeva il coinvolgimento di diverse professionalità dell’ambito dentale: parodontologia, implantologia, chirurgia maxillo-facciale, gnatologia, protesi estetica.
Il piano di trattamento è stato portato a termine in 13 mesi.
Tutte le procedure sono state eseguite al microscopio (stereo-microscopio Zeiss ProErgo).
Tutte le procedure sono state filmate, compreso il prelievo di osso da cresta iliaca.
- fase 1: una terapia byte ha consentito il riposizionamento corretto dei condili e l’eliminazione della sintomatologia dolorosa grazie alla stabilità occlusale (recupero delle “determinanti anteriori“). Trattamento parodontale con scaling e root planing. Ritrattamento di 11, ricostruzione post-endo con perno in fibra di vetro e nuovo provvisorio con forma e colore adeguata. Eliminazione delle tasche parodontali nei settori 2-3 e 4.
- fase 2: registrazioni assiografiche in asse cerniera cinematico con Arcus Digma
(arco facciale 3D con sensore ad ultrasuoni che registra i tragitti condilari), trasferimento delle informazioni su articolatore Kavo, ceratura diagnostica in laboratorio.
Preparazione al microscopio di tutti i denti, mantenendo la vitalità pulpare, adattamento di due arcate provvisorie in resina in relazione centrica, con modifica di dimensione verticale ed estetica.Chirurgia maggiore: estrazione di 16 e 17, prelievo da cresta iliaca di osso autologo, sinus lift e ricostruzione processo alveolare di 16-17-36, inserimento di impianti 36 e 46.
Dopo 6 mesi inserimento impianti 16 e 17. Rivalutazione estetica e bilanciamento dell’occlusione.
3. Fase 3: rivalutazione finale occlusione ed estetica. Restauri definitivi in disilicato di litio: nei settori posteriori disilicato pieno con stratificazione della superficie vestivolare (veneering) con micro-stratificazione in ceramica. Nei settori anteriori disilicato di litio stratificato ad alto valore estetico.
I restauri definitivi sono corone singole. Cementazione in composito autopolimerizzante. Vedi immagini finali.Conclusioni
Fortunatamente viviamo in un epoca di grandi progressi tenologici. Abbiamo a disposizione una conoscenza approfondita dell’estetica. Impianti dentali, tecniche di rigenerazione ossea, materiali e tecnologie sofisticate ci consentono risultati terapeutici impensabili fino a qualche anno fa.
L’interdisciplinarietà dei piani di trattamento presuppone il coinvolgimento di diverse “aree di conoscenza” nella soluzione di un problema complesso. La parodontologia, l’implantologia, la chirurgia maxillo-facciale, la protesi estetica e un’odontotecnica di ottimo livello hanno consentito la prevedibilità del risultato finale.
Tutto ciò non basta.
Senza la collaborazione del paziente e il suo coinvolgimento in una relazione medico-paziente serena, nulla di ciò è possibile.
Non è una questione di protocolli!
Il lavorare con uno stereo-microscopio consente la registrazione in toto delle operatività. I video possono essere condivisi con il paziente…nella buona e nella cattiva sorte. Come in un matrimonio.
Questo fa la differenza.
Questo spegne la diffidenza e motiva il nostro paziente ad “aiutarci”. Questo attiva il “miracolo” della guarigione.
Evento tutt’altro che scontato!dr. Massimo Mazza
I miei personali ringraziamenti:
- allo staff di Carl Zeiss Meditec e alla loro tecnologia d’avanguardia http://meditec.zeiss.com/meditec/en_de/home.html
- al tecnico sig. Renzo Peracca di RP-Lab, per la dedizione e l’amore per la precisione https://www.facebook.com/RenzoPeraccaLaboratorioOdontotecnico
- a tutto il mio team di studio…che ogni giorno mi sopporta!
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